Siamo su uno scalcinato set di un B-movie horror, e non dei migliori: l’attrice protagonista non sa recitare, il protagonista è un divo montato e insopportabile, il regista sembra sull’orlo della crisi di nervi, i tecnici sono un disastro. E le sfortune capitano in serie. Ma quando si aspettano gli zombi della finzione, arrivano zombi veri… Eppure il regista, esaltato invece che terrorizzato, pare interessato solo a filmare per rendere tutto realistico, mentre gli attori e la truccatrice – moglie del regista – sono sempre più sconcertati, spaventati, furiosi. Ma cosa sta succedendo sul set peggiore del mondo, si chiede lo spettatore disorientato? I flashback ce lo spiegheranno…
Michel Hazanavicius è noto per essere il regista Oscar che vinse l’Oscar per The Artist, ma oltre al cinema muto si è divertito altre volte a rifare i generi, come nelle commedie della serie Agente speciale 117 che riprendevano in chiave comica il personaggio della saga letteraria di spionaggio OS 117 portati anche su grande schermo (e con James Bond, comunque, sullo sfondo); ma anche nel film Il mio Godard in cui omaggiava e parodiava al tempo stesso il nume dei cinefili, Jean-Luc Godard. Con il film che ha aperto il Festival di Cannes 2022, in originale Coupez!, tradotto nell’inglese Cut! ovvero “Taglia!” come si sente spesso dire dal regista (è la parola che indica la fine della ripresa), da un lato prende di mira i B-movie horror, anzi di zombi, dall’altro ribadisce il suo amore per il cinema, alto e basso; anzi, per il mestiere, per i trucchi, per le continue difficoltà che nascono sul set e per gli sforzi a volte titanici per superarle.
Il film nel film che si sta girando è una follia da tutti i punti di vista, perché è il remake di un successo giapponese e quindi il regista Rémi – che ha realizzato solo spot e piccoli documentari e che ha come slogan «Rapido, economico e medio» – deve essere girato come vuole la produttrice nipponica per il lancio di una nuova piattaforma: in diretta, 30 minuti in piano sequenza e quindi senza stacchi di montaggio; e perfino mantenendo i nomi dell’originale, con sprezzo della logica come continua a ripetere il protagonista al povero regista che non ha a sua disposizione grandi mezzi economici (ma non li ha mai avuti né pretesi) e però nemmeno gran talento. Al momento giusto dovrà tirar fuori tutto quello che sa e che può, improvvisarsi attore, quando ci sarà all’ultimo momento un doppio incidente, gestire una macchina infernale e accettare l’aiuto della moglie (non proprio un tipo docile come sembra) e le idee che magari arrivano sul più brutto da chi meno te lo aspetti… Ma meglio non svelare altro, per non perdere il divertimento del film.
I puristi avvertono che, essendo un remake (del film giapponese Zombie contro zombie – One Cut of the Dead, uscito anche in Italia, a sua volta tratto da uno spettacolo teatrale), l’originalità non è cosa da Hazanavicius, anche se in questo caso il fatto di essere un remake anche il film di finzione crea ulteriori meccanismi cinematografici interessanti e gustosi (soprattutto nel rapporto con l’esaltata produttrice giapponese), ovviamente per chi ama il cinema e per chi sta al gioco. Le gag memorabili sono parecchie, dalle urla fastidiose e insistite da terrore esibito e quindi falso con violenze fuori scena ai momenti di vuoto in cui gli attori non sanno cosa dire o cosa fare («stai bene?…»), dallo splatter gratuito ed esagerato alle battute volontariamente mal scritte che da involontariamente comiche diventano esilaranti («ah, che fortuna, ho trovato un’ascia…»). Il divertimento è garantito in un meccanismo consolidato dall’originale giapponese, ovvero prima con una mezz’ora di rara follia e poi con il rimettere ogni cosa al suo posto (e ridendo il doppio), ma anche grazie a un cast ben assortito: dalle star Romain Duris e Bérénice Bejo, bravi come sempre, nei panni del regista e di sua moglie, ai protagonisti Finnegan Oldfield e Matilda Lutz (italiana, a dispetto del nome, anche se diventata famosa in Francia con il violento thriller Revenge) ai tanti comprimari tra cui Yoshiko Takehara nei panni della produttrice giapponese. Senza contare un tocco di affetti familiari (peraltro Hazanavicius, oltre alla moglie Bejo si porta nel film anche la figlia Simone, che interpretano proprio la moglie e la figlia del regista) e l’amore sconfinato al cinema: un mondo in cui l’impossibile diventa possibile grazie a sforzi di ogni tipo “di squadra” di chi sta fuori scena, che si concretizza in un finale comico ed emozionante al tempo stesso.
Antonio Autieri
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