Cry Macho – Ritorno a casa ci porta al 1980 quando Mike Milo, ex campione di rodeo vecchio e in declino, accetta la proposta del suo ex datore di lavoro: andare in Messico per riportare da lui il figlio teppista che sta con la madre. Per i due inizia un’avventura piena di imprevisti.
Clint Eastwood, a 91 anni, torna non solo dietro ma anche davanti alla macchina da presa per dirigere e interpretare Cry Macho – Ritorno a casa, tratto dal romanzo di N.Richard Nash del 1975. Un film con il quale Eastwood omaggia la sua carriera di cowboy e il genere western; perché questo è il film, un road movie western ambientato nel 1980. Gli spazi, le auto che hanno sostituito i cavalli, i cattivi da sconfiggere e l’immancabile cappello sottolineano l’aderenza del film a uno dei generi che più ha fatto la storia del cinema. È anche un film sulla fine di un mito, quello del pistolero inscalfibile; ce lo dice il titolo (Cry Macho) ma anche Mike, quando si gira dandoci le spalle per non far vedere che si sta commuovendo. Il film è pienamente in stile anni ’80. È quasi un film per ragazzi, con i cattivi che sono un po’ tonti e non fanno mai veramente paura, il ragazzo (Rafael impersonato da Eduardo Minett) che dovrebbe essere un teppista ma che si vede subito che è un bravissimo ragazzo, con momenti sentimentali a fare da intermezzo (la storia quasi d’amore tra Mike e una locandiera messicana) e con il rapporto tra un vecchio maestro e un giovane da educare alle durezze e alle sfide della vita che potrebbero ricordare alla lontana Karate Kid; lì c’era da imparare un’arte marziale qui ad andare a cavallo. Siamo molto lontani, però, dalla tensione e dall’intensità non solo dei film di maggior spessore di Clint Eastwood come Mystic River, Gran Torino o Million Dollar Baby ma anche dal più recente e riuscitissimo Il corriere – The Mule.
Aldo Artosin
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