DUE RECENSIONI PER IL FILM DI SOLDINI,Il disagio di persone in trappole,Sembra di essere in un carcere, e in uno dei più duri, dove però la cella è la tua casetta, il tuo mutuo, il lavoro massacrante, l’ansia di arrivare alla fine del mese, il capo con il braccino corto e il sabato sera davanti a un dvd a noleggio. E poi ci sono i figli che, va da sé, sono solo fatica. L’ultimo film di Soldini parla ancora di persone in trappola, come già in Giorni e nuvole, dove si seguivano, in un crescendo di ansia e speranze deluse, le disavventure di un uomo che aveva perduto il lavoro; così si segue, con altrettanto disagio, la parentesi, quasi una vacanza, sessuale dei due protagonisti, gli ottimi Alba Rohrwacher e Pierfrancesco Favino. Il disagio è notevole e direttamente proporzionale al realismo anche nei dettagli più piccoli, con cui Soldini incornicia il suo dramma. E’ vero, è vita dura per la classe media sempre più fragile nei momenti di crisi: il lavoro che sembra non pagare mai, l’ansia da conto in rosso, la casa come un campo di battaglia in cui i figli sono spesso, inconsapevolmente, delle micce accese per l’incendio che verrà. E ancora: la famiglia un po’ ingombrante dei suoceri, il rapporto d’amicizia con i vicini di casa. Soldini, con poche parole e molti fatti, mostra una crisi evidente alla quale non c’è scampo, come ci ricorda un finale prevedibilmente cupo. Non c’è differenza tra la vita “normale” dei due protagonisti con i rispettivi compagni, e la parentesi sessuale che i due amanti si prendono strappandosi alla vita di tutti i giorni. E’ vita grigia, senza prospettive, forse anche squallida come sono i squallidi i motel a ore dove i due amanti si accucciano a cadenza settimanale. Non c’è rapporto che duri, né quello degli amanti, né quello dei coniugi. L’amore non regge perché non si intravvede nemmeno da lontano un orizzonte buono e positivo. Forse, a ben vedere, perché l’amore di solito è un “tu”, è un rapporto, e in Soldini invece diventa un affare solitario, da coltivare nel segreto della propria mente e da conservare nell’archivio della memoria del cellulare. E’ significativo a questo proposito che i due protagonisti non solo, letteralmente, girano a vuoto, non vanno da nessuna parte (compreso il viaggio in Egitto, di cui significativamente si vede poco o nulla), ma non hanno nessuno con cui dividere un giudizio, un’opinione, un riscontro su questo rapporto che nel bene e nel male è capitato, e con cui bisognerà pure fare i conti. E invece no: non un amico, non un conforto, con l’eccezione, piccola ma non banale, del suocero del protagonista. E’ una partita, quella dell’amore, da giocarsi in due, in coppia, tra le lenzuola calde di un albergo. Con l’esito, terribile, che in un rapporto diventi più necessaria la pillola anticoncezionale che il giudizio, magari inadeguato ma gratuito, di un amico. E allora: che cosa vogliamo di più? Davvero, non il sesso selvaggio, non una casa più accogliente, nemmeno forse una moglie più comprensiva o dei figli più tranquilli. No. Dateci un amico, un amico vero.,Simone Fortunato,Un film sulla passione poco appassionante,Cosa voglio di più? Un Lucano! Viene in mente una celebre pubblicità, durante il film di Silvio Soldini, magari rimpiangendo la semplice levità del recente Basilicata coast to coast . Qui invece abbiamo un Favino, che fa il calabrese a Milano. E non che non sia bravo, lui che è uno degli attori più stimati degli ultimi anni. Ma qui è fin troppo Favino e troppo poco il suo personaggio. Come il buon Giuseppe Battiston, che incarna il tradito che non crede (o finge) all’evidenza e che ci prenderebbe il cuore se non fosse così simile a tanti altri suoi personaggi. E perfino Alba Rohrwacher, che pure cerca nuove strade espressive – soprattutto nella prima parte del film – in una vena più brillante e perfino intrigante, ma che poi tira fuori i suoi “pezzi forti” melodrammatici. Tutto giusto quel che scrive Simone Fortunato, il tema del film è interessante e la domanda di cosa si desidera dalla vita (illudendosi che sia la passione di un nuovo amore) è capitale. Il problema è che il film non diventa mai cinema: strano, per un regista così bravo, che solo pochi anni fa realizzò con Giorni e nuvole il suo film più bello. ,Ma un film sulla passione (con scene di sesso quasi glaciali) così poco appassionante lascia perplessi. Risultando a tratti perfino noioso e addirittura poco registrato, sia per la sceneggiatura che dimentica alcuni personaggi interessanti (l’amico di lui, il suocero) e si perde nelle sequenze del viaggio (che dovrebbe essere decisive) che per alcuni dettagli tecnici fastidiosi (lasciare le figure sfocate, sullo sfondo, porta in primo piano i protagonisti ma in alcuni momenti stanca la vista). Ovviamente, Soldini rimane un ottimo “director”, e quindi altri aspetti del film (ben messi in luce nell’altra recensione) funzionano. Ma nel complesso rimane un film che si giustifica poco, e che giustifica ancor meno il prezzo del biglietto. Ci si passi la battuta cattiva: Soldini spesi male.,Antonio Autieri,

Cosa voglio di più
Due amanti consumano il loro amore segreto in una Milano frenetica.