A Oslo, la sedicenne Nisha passa le giornate tra la docile appartenenza a una famiglia pachistana, che vive la religione musulmana in modo molto tradizionale, e le amicizie (e il primo amore) con coetanei che vivono come tutti, molto liberamente. Quando però fa l’errore di far entrare di nascosto, di notte, il suo ragazzo in camera la sua vita subisce una svolta terribile: il padre – che la scopre – da amorevole diventa una furia, la madre e il fratello lo spalleggiano, la famiglia decide di portarla da parenti in Pakistan per punirla e rieducarla… E quando laggiù, dopo tante sofferenze, si apre una possibilità con un altro ragazzo (un cugino…), le cose andranno anche peggio.

Iram Haq è un’attrice norvegese di origine pakistana passata alla sceneggiatura e alla regia nel 2013 con I Am Yours, film apprezzato nel circuito festivaliero. Come pure questo Cosa dirà la gente, che ha ricevuto un’ottima accoglienza al Toronto International Film Festival 2017. Iram Haq conosce bene la materia (la vicenda narrata è in parte autobiografica), e si sente l’afflato sincero con cui racconta la terribile parabola di violenze e umiliazioni subite da Nisha (interpretata molto bene dalla giovanissima Maria Mozhdah), che ha con il padre un bel rapporto fatto di complicità e affetto. È la madre, piuttosto, quella che sembra esageratamente severa, tanto da lamentarsi anche con il marito per aver ballato insieme a una festa insieme ad amici (che però lei chiama “estranei”: l’unico ambito davvero accettato è la famiglia), mentre progetta già un matrimonio combinato per la figlia. Ma poi il “fattaccio” (che svela anche l’ingenuità della ragazza: possibile che conosca così poco i genitori da portare in casa di notte un ragazzo, per di più “occidentale”?) fa precipitare tutto: il padre urla, picchia, minaccia… Davanti ai servizi sociali, pretende un matrimonio riparatore: ma i due giovani si sono già lasciati, con suo sommo scandalo… E il peggio deve ancora venire, tra il Pakistan e il ritorno in Norvegia.

Il film sembra un po’ schematico nel proporre la torsione degli avvenimenti in una spirale da incubo, tanto che viene ogni tanto da dubitare del realismo degli stessi. Come pure di molti personaggi, proposti senza alcuna sfumatura. Ma le cronache sono piene di tragedie anche peggiori, e appunto sapere che la storia è stata vissuta in prima persona dall’autrice toglie ogni dubbio: sicuramente Cosa dirà la gente offre un contributo onesto e sincero nel definire gli orrori cui può arrivare il fanatismo musulmano (mentre la tradizione religiosa in sé non è mai contestata dalla ragazza, che pure non sembra molto fervente), e in generale il considerare i figli una proprietà “privata”. Soprattutto davanti alla considerazione altrui: è sempre il discredito sociale, il pensiero del giudizio degli altri, appunto della “gente”, a corrodere dall’interno i rapporti di questa famiglia. E se cinematograficamente la regista si limita a impaginare gli eventi, con pochi guizzi, riesce però a rendere bene l’angoscia crescente della ragazza. Tra tanti personaggi comunque rigidi nelle loro motivazioni e atteggiamenti, colpisce una madre dura fino alla negazione di ogni affettività, che con tranquillità propone un matrimonio via Skype che porterebbe la figlia dall’altra parte del globo (in Canada), e soprattutto la figura del padre, che nel bel finale acquista una statura drammatica più definita. Tanto da non avere più le forze per reagire all’ultima ribellione di Nisha, forse in un improvviso, seppur tardivo, soprassalto di coscienza e amore per la verità.

Antonio Autieri