Melodramma ruvido e forte, ben diretto da Derek Cianfrance che, dopo l'irrisolto Blue Valentine, mostra doti innegabili per quanto riguarda la direzione degli attori e senso del racconto e dell'immagine. La storia: Luke, un motociclista spiantato (Ryan Gosling, in un ruolo curiosamente simile a quello di Drive), al servizio di un piccolo circo locale, ritrova Romina, la ragazza di un tempo (una splendida Eva Mendes) che gli rivela di avere un figlio da lui. Il ragazzo, di poche parole e dal temperamento violento, decide di cambiare vita: molla il lavoro del circo e cerca di trovare il modo di mantenere la donna e il bambino. La faccenda è però complicata perché Romina vive con un altro uomo e perché Luke accetta da un amico di far soldi facili rapinando banche. Film ambizioso, nella durata (140') e in una storia che cerca di raccontare il mondo interiore di tanti personaggi: Luke e Romina senz'altro ma anche la figura di Avery Cross, il poliziotto interpretato da Bradley Cooper che compare a un certo punto della narrazione, il suo legame con la moglie Jennifer (Rose Byrne), i rapporti con la polizia incarnata dall'ambiguo Ray Liotta. Cianfrance che sceneggia assieme a Ben Coccio e Darius Marder, riesce a dare spessore a molti personaggi in campo: la vicenda di Luke e quella, speculare, di Avery colpisce lo spettatore per la crudezza dei fatti narrati ma anche per la sincerità di queste due figure. Luke, antieroe senza una storia di affetti alle spalle e quindi pericolosamente senza equilibrio, vero cane sciolto, si riavvicina a Romina di fronte al bimbo nato senza un padre. Si piglia le proprie responsabilità di fronte alla famiglia e cerca, con tutta la forza che possiede, di cambiare vita ma sarà impari la lotta contro se stesso, contro le proprie pulsioni profonde e soprattutto contro una vita dura che sembra non concedere il nulla e chiedere il conto. Chi sbaglia paga e paga pesantemente, ci dice Cianfrance che in Blue Valentine aveva raccontato, sempre con Gosling protagonista, un'analoga storia d'amore venata di tanta tristezza. E il conto lo paga anche Avery che da poliziotto tutto d'un pezzo, eroe locale per una storia che è opportuno non svelare dovrà, pure lui, scendere a compromessi e prestare il fianco a un destino che, come l'epica antica insegna, è invidioso degli eroi e delle loro fortune. Cianfrance inserisce il suo Come un tuono (il titolo italiano è orrendo e non rende giustizia a quello originale, più poetico The Place beyond The Pines) nel solco del melodramma americano realista popolato da eroi in lotta per una redenzione difficile su un'arida terra che sembra però non lasciare scampo. Non è un caso che Cianfrance che, tra l'altro dimostra anche un grande senso dell'inquadratura e degli ambienti che spesso forniscono qualche informazione in più sul mondo dei protagonisti, inserisca nella suggestiva colonna sonora del film una canzone chiave dell'universo springsteeniano come “Dancing in The Dark”, canzone d'amore venata di cupezza e di inquietudini sul futuro. Una canzone e un autore come Springsteen, da sempre cantore dei perdenti, di quelli che hanno cercato di cambiare le cose ma si sono perduti negli abissi: è questa la cosa più bella (e più triste) del film, al ricerca spasmodica della splendida coppia Gosling/Cooper di vivere un Sogno Americano che è innanzitutto sogno di felicità e promessa di compimento. Purtroppo, se Gosling e Cooper sono decisamente la cosa migliore del film, Cianfrance non dimostra altrettanta sicurezza nella gestione di altri personaggi, troppi e troppo sacrificati in una narrazione che a tratti soffre per semplificazioni e svolte troppo brusche. C'è troppa carne al fuoco e la materia non è sempre gestita con equilibrio: si avverte una mancanza di coesione in alcuni momenti, quando entra in campo Cooper per esempio o quando la storia va a raccontare la vicenda del figlio di questi; alcuni personaggi, interessanti davvero ben delineati come le due madri interpretate dalla Mendes e dalla Byrne sono praticamente abbandonate a un certo punto della narrazione e alcuni snodi sul finale appaiono poco verosimili. Per non dire poi di Liotta e compari, figure ambigue e in alcuni momenti terribili, da un punto di vista narrativo di grande, eppure non pienamente sviluppate. Errori che pesano sul risultato finale di un film bello e imperfetto, poco equilibrato nelle tre parti di cui si compone ma straordinariamente vero nella rappresentazione dell'inquietudine che anima i personaggi principali, più che in fuga da qualcosa, strutturalmente nati per correre a perdifiato verso quel luogo lontano e accecato dal sole dove finalmente tutte le promesse saranno mantenute.,Simone Fortunato,