Un concorso per gruppi musicali nati nelle scuole superiori: è questo l’obiettivo di Alex e dei suoi amici, con il loro gruppo Alex & Co. Ma la nuova preside del loro liceo, che ha sostituito il papà di Emma, prende spunto dai loro voti negativi per negare addirittura le prove a scuole, figuriamoci l’autorizzazione per esibirsi nel concorso/concerto. Che fare? Il rischio è, se si insiste, di suscitare un’escalation di rappresaglie contro di loro da parte della dirigente scolastica. Ma il gruppo di amici, dopo qualche titubanza, non si tira indietro e segue Alex, il loro leader.

Dalla serie tv di successo Alex & Co., in onda maggio 2015 su Disney Channel, la major ha deciso di trarre un film, affidato a Gennaro Nunziante come sceneggiatore (noto per aver scritto insieme Checco Zalone i film del comico pugliese) e a Luca Lucini alla regia. L’operazione guarda esplicitamente, e lodevolmente, al target dei teenager, pochissimo curati dal cinema italiano. Ma se pure lo spunto della serie e della passione musicale, pur centrale, è solo uno di quelli che sorregge il film, chi non è un fan – che si accontenta di ritrovare i propri beniamini, pur in un contesto che alterna commedia e qualche momento drammatico – si sente un po’ spiazzato dal film, o meglio dalla prova dei giovani protagonisti, davvero troppo acerbi per il cinema. Ben altro spessore hanno gli attori maturi, che facciano i genitori o altro: ma il risultato è ancora più stridente e spiazzante, dovendo continuamente vedere darsi le battute ottimi attori come Margherita Buy, Giovanna Mezzogiorno, Ninni Bruschetta (tra i migliori, nei panni del padre-tifoso che contesta l’allenatore della squadra di calcio) o Sergio Albelli e i ragazzini aspiranti cantanti, belli e (troppo) patinati. Lo sforzo di scrittura per passare dalla tv al cinema c’è ed è però sostenuto solo dagli “adulti”, più credibili nella loro varietà di comportamenti. I giovanissimi sono invece parecchio costruiti, sia come motivazioni (non solo il talento e la passione per il canto, ma anche i vari intrecci sentimentali – le due coppie del gruppo, il subplot debolissimo del ragazzino che non ha coraggio di dichiararsi alla ragazza che viene dall’America – e altre caratteristiche “positive”, come il volontariato di una di loro) che come tenuta interpretativa; il migliore è Emanuele Misuraca, il volto nuovo del gruppo, nei panni di un ragazzo che viene dal Sud, ripetente, che ha talento musicale da vendere. Gli altri giovani attori naufragano, non supportati peraltro da una regia pigra (Lucini ci illuse ai tempi di Amore, bugie e calcetto, poi si è perso). La parte del concorso, con i gruppi tutti uguali che si muovono ed esultano alla stessa maniera, è per esempio davvero sciatta.

Pian piano però il film svela una sua faccia più interessante, introdotta fin dall’inizio da un ragazzo che parla in inglese davanti a una webcam che non comprendiamo cosa c’entri con il film. Lo si capisce nella parte finale, quando entrano in gioco un musicista americano e la sua famiglia; e il respiro del film si allarga, grazie a colpi di classe (il piccolo, grande ruolo di Giovanna Mezzogiorno) e a spunti interessanti che investono i rapporti genitori/figli, le attese degli adulti sui ragazzi, la fatica di educare. Ma la “chiusa”, giocata con un colpo di scena spiazzante, è davvero brusca e lascia un po’ insoddisfatti, come per uno spunto interessante ficcato dentro a forza, con soluzioni e frasi a effetto («i maestri cattivi si ricordano di più quando si diventa grandi»: davvero?) che suscitano solo una blanda sorpresa. Niente, ahinoi, che si lasci ricordare alla fine della proiezione. Un film in definitiva da guardare con simpatia per il tentativo di narrare l’adolescenza e il rapporto con i genitori senza volgarità e facili scorciatoie, ma anche con un taglio un po’ troppo “di moda” (la voglia di affermarsi con la musica) e una professionalità di confezione che va di pari passo con la fragilità dell’impianto.

Antonio Autieri

https://www.youtube.com/watch?v=wsNWuB3FN2E