Hazel e Augustus, giovanissimi, si incontrano in un luogo molto particolare: lei, 17enne, da anni combatte con forme tumorali che le riducono le aspettative di vita e le causano frequenti crisi respiratorie; lui, 18enne, ha perso una gamba per un cancro alle ossa e vive un po’ meglio, ormai abituato alla protesi. Il luogo dove avviene il loro incontro è un improbabile centro di supporto a ragazzi malati come loro, dove Hazel va di malavoglia spinta dai genitori; tutto le risulta falso e angosciante in quel luogo (e in effetti risulta abbastanza ridicolo chi conduce gli incontri chiedendo di camminare su un tappeto con immagine di Cristo «per entrare nel cuore di Gesù»). Ma Augustus, spiritoso e affascinante, le strappa un sorriso e la promessa di rivedersi, quindi le regala un’amicizia vera e profonda, in cui può essere se stessa, sopportando i suoi sbalzi di umore e condividendo le sue scoperte. Per esempio quella della lettura del suo romanzo preferito e del sogno di incontrare, prima o poi, il suo autore che vive ad Amsterdam… Ma il viaggio è lungo e faticoso per lei, più che un sogno è un’utopia. Però Augustus, che conquista anche i genitori di Grace, non è il tipo da arrendersi…
La storia di Colpa delle stelle, best seller di John Green diventato film di grande successo negli Usa, è un classico: la storia d’amore in cui uno dei due è malato di cancro; in questo caso, peggio ancora, lo sono entrambi. Cosa c’è di più ricattatorio? Invece il film di Josh Boone riesce a non esserlo, risultando un onesto, commovente e a tratti divertente ritratto – anche se non esente da astuzie e calcoli narrativi – di due ragazzi belli, sorridenti e vitali, che vogliono essere trattati da persone, non da malati. Se Augustus è tratteggiato come un simpatico ragazzone che non si fa fermare dalle resistenze della ragazza, che vuol limitarsi all’amicizia per non farlo soffrire, Hazel è un personaggio interessante e complesso, schietta fino al sarcasmo ma desiderosa di verità. Merito della qualità del film sono, oltre a una bella sceneggiatura che alterna dramma e momenti umoristici e a dialoghi ben scritti, le prove degli interpreti, in particolare la giovane Shailene Woodley (già vista in Divergent e soprattutto in Paradiso amaro, dove era la figlia ribelle di George Clooney); ma non è male anche Ansel Egort. E una serietà di fondo del film, che seppur con qualche limite e qualche momento meno credibile (soprattutto nella parte finale, per esempio la figura dello scrittore), descrive bene la dimensione di infinito, di “per sempre” che possono chiedere alla vita e a un sentimento reciproco due ragazzi che non sanno quanto gli sarà concesso di stare insieme. Due ragazzi che si interrogano a vicenda su paure e speranze (bella la scena in cui leggono, nella casa-museo di Anna Frank, “Dio vuole che gli uomini siano felici, dove c’è speranza c’è vita”), dubbi continui e fragili certezze.
Antonio Autieri