Fresco vincitore del premio Oscar per il miglior film, miglior sceneggiatura non originale e miglior attore non protagonista (il non udente Troy Kotsur, che interpreta il padre di Ruby), Coda (il titolo originale è un acronimo per definire i figli udenti di genitori sordi) esce anche al cinema per un giro d’onore, dopo essere stato distribuito direttamente per le piattaforme.

Sgombriamo immediatamente il campo dagli equivoci: quello di Siân Heder è il remake del bel film francese La famiglia Bélier (2008) e le cose migliori della storia vengono da lì, talvolta addomesticate in modo un po’ fastidioso in una confezione aggiornata agli estremi del politically correct Usa.

Anziché produrre formaggi come i Bélier, i Rossi (tutti interpretati da attori realmente sordomuti) fanno i pescatori sulla costa del Massachusetts, e a Ruby tocca alzarsi tutte le mattine alle tre per accompagnare padre e fratello e assisterli nella vendita del pescato prima di andare a scuola.
Lì la diciassettenne, oltre alle usuali problematiche adolescenziali, deve affrontare il bullismo di chi ancora si ricorda le sue difficoltà a parlare quando era piccola (parlava “come i sordi”) e le rimprovera i vestiti puzzolenti e la famiglia “diversa”. Un po’ per caso la ragazzina capita nella classe di coro del professor Bernardo Villalobos (pure lui un diverso a modo suo, in quanto messicano), esigente ma dedicato maestro di musica che ne intuisce e incoraggia le qualità musicali. Da qui la scoperta di una vocazione e una passione che finiscono per cozzare con la sua esperienza quotidiana, con le esigenze della sua famiglia e soprattutto con la capacità dei suoi genitori di accettare quella figlia così “diversa” da loro.

Il conflitto interno alla famiglia Rossi non riguarda infatti solo la gestione della quotidianità, dove la presenza di Ruby è garanzia di sopravvivenza in un mondo che i suoi genitori tendono a considerare con (non immotivata) sfiducia e quasi ostilità, ma anche la difficoltà a concepire il futuro dei propri figli come diverso e lontano dal proprio. Se per i Rossi la passione per il canto di Ruby è qualcosa di inimmaginabile non è solo per un problema fisiologico (al concerto della scuola per alcuni secondi veniamo proiettati nella loro condizione e vediamo con sconcerto le reazioni dei presenti alla musica senza poterle condividere), ma di empatia, e solo un moto coraggioso del cuore potrà far superare quella distanza e comprendere il sacrificio che le stanno chiedendo. E così saranno loro ad accompagnarla verso quel futuro che Ruby forse non osava nemmeno sognare per se stessa, costringendosi da parte loro ad aprirsi ad un mondo che forse è meno ostile di quello che si immaginano.

Come si diceva, il meglio di questo film viene dall’originale francese (di cui consigliamo vivamente la visione anche per la scelta musicale un po’ meno prevedibile), ma CODA resta comunque una bella parabola  musicale e famigliare sul valore del sacrificio e della comprensione reciproca.

Laura Cotta Ramosino