Raccontare Chiara Ferragni oggi, all’apice della propria carriera, è un’impresa difficile quanto fotografare un treno in corsa. E l’insieme diventa ancora più controverso se si pensa che è lei stessa la promotrice di questa opera su di sè.
E sorge spontanea la domanda: perché? A che pro? Era davvero necessario?
Sì, perché il fenomeno Ferragni ha rivoluzionato il mondo della moda e della comunicazione, ha creato lavori che prima non esistevano ed è entrata, senza che ce ne accorgessimo, nell’immaginario di tutti noi.
“Ok, ma com’è il film? É fatto bene?” No.
Partiamo dall’inizio: Chiara Ferragni: Unposted in quanto film propriamente detto è un disastro. Manca totalmente qualsivoglia filo conduttore o impostazione narrativa. L’opera si riduce ad un accostamento paratattico di sequenze in cui Chiara, i suoi familiari, giornalisti ed esperti del settore commentano i vari aspetti della vita della fashion blogger: la sua infanzia, il rapporto coi fans ecc. Il risultato è un documentario di un’ora e mezza che sembra non finire mai. E questa noia deriva soprattutto da un fatto: l’opera è un canto monocorde alla bravura di Chiara, sempre elogiata da tutti gli intervistati. Non mancano alcune voci fuori dal coro che mettono in discussione la figura della influencer, ma non sono mai presi veramente sul serio e tradiscono la volontà della regista Elisa Amoruso di essere politicamente corretta.
Ciò che si vuole dire alla fine, nel film, è solo una cosa: che Chiara è un’eroina fattasi da sola. E su questo non si ha niente in contrario. Le sue capacità di business woman sono incredibili ed emergono chiaramente, così come la genuina volontà di dire a milioni di ragazze l’importanza delle proprie passioni che possono diventare il fulcro di una carriera. Dispiace però che il messaggio venga presentato come un elogio ridondante e ripetitivo che spesso è al limite della pubblicità palese. Scioccante ad esempio il momento in cui alcune grafiche e il voiceover di Chiara mostrano i numeri e i ricavati delle società e dei brand della fashion blogger quasi come dovessero venderceli. Se lo spettatore era un po’ sospettoso, data l’ideazione del documentario da parte dell’interessata stessa, questi spot e il tono celebrativo non fanno che aumentare la sensazione di essere un po’ imboccati. E non si smette di chiedersi: ma di questo anno in cui Elisa Amoruso ha seguito Chiara, cosa ci è stato mostrato? Quanto è manipolato? D’altronde, una ragazza che campa continuamente del personaggio che mostra 24 ore su 24 non può non voler controllare l’immagine che emerge da un documentario promosso da lei su di lei.
E così anche quel’Unposted che figura nel titolo sa di un’occasione mancata, perché d’inedito viene mostrato solo ciò che conviene e solletica i fan. E per coloro che desideravano scoprire se Chiara è veramente come appare sui social o è tutto un personaggio, purtroppo non lo scoprirà con questo documentario, che ci suggerisce anzi che lei sia solo quello che ci mostra: una personalità completamente esposta e in superficie, senza distinzione tra personaggio e persona. E a conferma di ciò gli innumerevoli video d’infanzia dove la piccola Chiara fa di tutto per attirare la telecamera, segno di una personalità da sempre portata all’esporsi, ma soprattutto a cercare attenzione. Quella della madre in particolare, che usa la macchina da presa un po’ per immortalare l’infanzia delle proprie figlie, ma anche, per sua ammissione, per cercare di fermare il tempo. Ma il tempo va avanti e le cose cambiano. E così l’idillio di un’infanzia perfetta viene stroncato dalla separazione dei genitori. Una ferita evidente sul volto di Chiara e purtroppo o per fortuna una crepa che mostra qualcosa oltre la superficie. E da qui forse nasce il suo desiderio, come dice lei, di lasciare un segno, fare qualcosa che avesse un senso, ma anche che la bellezza dell’amore per il proprio marito e figlio non vadano perduti, come si avverte al termine del documentario.
Forse non è tanto, ma in questo documentario molto discutibile che a tratti somiglia più ad un’operazione di marketing, non si può negare che – alla fine – qualcosa di vero emerga, volente o nolente su Chiara Ferragni.
Cecilia Leardini