Dopo essersi fidanzata con Mark Darcy, Bridget Jones è convinta che la sua felicità sia perfetta. Ma riuscirà a rovinarla, prima allontanando l’uomo della sua vita per un’assurda gelosia, poi mettendosi i pasticci in una trasferta in Thailandia dove finisce persino in prigione. Ma a tutto c’è rimedio…
Per la regola che dice che al cinema il sequel raramente si giustifica dal punto di vista narrativo, ma solo da quello economico, non dovrebbe esserci delusione dopo aver visto Che pasticcio, Bridget Jones!. Nel senso che quella che era una gradevole commedia con molto humour e anche qualche interessante annotazione sulla solitudine, ovvero il primo episodio (Il diario di Bridget Jones, tratto da un clamoroso best seller), non poteva che esaurirsi lì. Seguire ancora le disavventure della goffa e grassa Bridget Jones dopo che ha inopinatamente conquistato Mark Darcy, l’uomo dei suoi sogni, non poteva che essere poco attraente e originale. Ok, tutto previsto. Ma che il livello di banalità e volgarità fosse tale non ci si poteva aspettarlo. C’entra il cambio di regia, con Beeban Kidron al posto di Sharon Maguire? Probabile. In ogni caso, “Bridget Jones 2” è da dimenticare: troppe volgarità verbali, ma anche gag scontate e banalità assortite (la scena in cui insegna a un gruppo di detenute in Thailandia le canzoni di Madonna), e soprattutto troppe smorfie del personaggio interpretato dalla pur brava Renèe Zellweger, mentre se la cavano meglio l’elegante Colin Firth nei panni di Mark e Hugh Grant nell’affascinante canaglia ex-capo di Bridget.
Il top dell’assurdità avviene in coda, con una sterzata “omo” imprevedibile e assolutamente gratuita. Anche dal punto di vista, come dire, commerciale: a furia di rendere pruriginose perfino le commediole innocue e sentimentali, per inseguire a tavolino target appetibili, si perde di vista il pubblico principale. Che dire? Peggio per loro.
Antonio Autieri