Uno sparo: questo è il primo suono che udiamo in Carlito’s way. Gli occhi sbarrati mentre cade a terra, le luci della stazione, l’arrivo dei soccorsi… il racconto non ha ancora avuto inizio, ma nelle prime, struggenti immagini del film, Carlito Brigante è già una leggenda. Il resto è un lungo flashback che mostra la vita del protagonista, celebre trafficante di eroina, a partire dal momento in cui viene fatto uscire di prigione con 25 anni di anticipo, grazie ad un’ “incredibile convergenza di circostanze” e al sostegno di un avvocato non proprio onesto. Carlito è un uomo libero, ma solo sulla carta: egli sogna di allontanarsi per sempre dalla cupa realtà del suo quartiere, una realtà diversa da come l’aveva lasciata e insieme ancora in grado di tirar fuori il peggio di lui, di trasformarlo nell’uomo disonesto che non vuole più essere. ,Ciò che differenzia Carlito’s way dalla maggior parte degli altri gangster movies è il ritratto che dà del protagonista: non delinquente alle prime armi, né potente boss prossimo al declino, Carlito Brigante è un criminale che ha già sperimentato sia l’ascesa che la caduta. Anche se intitolato come un romanzo di Edwin Torres del 1975, il film si ispira maggiormente al suo seguito del 1979 (After Hours), per poter raccontare di un mafioso che, a differenza dei vari Padrini e Scarface, è già conscio del proprio fallimento come uomo. Non è un caso se, nel film, l’inizio coincide con la fine: il protagonista è morto fin da subito, metaforicamente ma anche letteralmente. Come coniugare il suo desiderio di redenzione con il fatalismo imposto dalla vita di strada, sua cultura di appartenenza? Tutta la vicenda di Carlito ruota attorno a questo interrogativo, su cui si basa anche il valore polisemantico della parola “way” del titolo: “la strada di Carlito” ma anche “alla maniera di Carlito”, ovvero il destino e la libertà, due facce della stessa medaglia.,La voce fuori campo del protagonista rende esplicita la riflessione sull’esistenza, trasformando Carlito da gangster a eroe noir (“Eccomi qua, a fare Humphrey Bogart”) che, nel ritorno alla vita di tutti i giorni, prende coscienza di un importante cambiamento interiore, rispetto al quale ha poco rilievo un’altra constatazione, quella della fine del sistema mafioso classico di cui egli faceva parte. ,La regia è dinamica e curata e come tale non fa pesare la ripetizione di cifre stilistiche care a De Palma, ma anzi, ne fa un punto di forza della pellicola: lo sfruttatissimo piano-sequenza, ad esempio, accompagna ora gli stati d’animo del protagonista, ora esplora voyeuristicamente gli spazi, o ancora, seguito da un montaggio serrato, crea memorabili scene di tensione alla Hitchcock. Un valido sostegno è costituito anche dalle musiche di Patrick Doyle. A personaggi ben caratterizzati corrisponde un cast all’altezza, in cui Penelope Ann Miller – la donna di Carlito – ma soprattutto un grande Sean Penn (nei panni dell'avvocato) tengono testa allo straordinario protagonista Al Pacino.,Maria Triberti,

Carlito’s Way
Un narcotrafficante appena uscito di prigione medita di rifarsi una vita da uomo onesto.