Diane, Vivian, Sharon e Carol sono amiche da trent’anni e fondatrici di un proprio privatissimo club del libro, che le tiene impegnate ogni mese nella lettura e analisi di un’opera diversa. Tra un bicchiere di vino e un pettegolezzo, il loro tradizionale brunch mensile diventa occasione di discussione e di confronto sulla grigia routine nella quale la loro vita da donne mature sembra essere ormai caduta. Quando una di loro proporrà la lettura del bestseller 50 Sfumature di grigio gli equilibri della loro vita saranno sconvolti dalla riscoperta della passione e dell’erotismo…

La (brutta) letteratura erotica di E.L. James è soltanto un pretesto nel nuovo film di Bill Holderman, regista alla sua prima prova che con Book Club s’indirizza verso una commedia al femminile esile ma straordinariamente interpretata dalle quattro attrici protagoniste. L’amore per la lettura regge infatti giusto i primi cinque minuti di film, per poi lasciare il posto ad una riflessione leggera e caricaturale sulla riscoperta della sessualità nel mondo delle donne over 50: un po’ dalle parti di Sex and the City e un po’ sul versante della commedia sentimentale alla Nancy Meyers (È complicato, L’amore non va in vacanza), Holderman pesca nel cesto degli stereotipi sulla sessualità femminile i suoi temi e li cuce a regola d’arte su quattro insuperabili interpreti. I personaggi di Diane Keaton, Jane Fonda, Candice Bergen e Mary Steenburgen incarnano quattro modelli di donna tra loro agli antipodi, unite da un’antica amicizia e dal desiderio di diffondere un messaggio: l’amore e la passione erotica nella terza età sono possibili, e non devono essere considerate uno scandalo.

Nessuna pretesa di profondità dunque, ma un navigare costante tra battute a doppio senso e situazioni al limite del ridicolo spesso ben costruite e talvolta sinceramente divertenti, ma che iniziano a risultare stucchevoli quando la struttura narrativa si rivela incapace di prendere una direzione precisa. Se sulle prime seguiamo le vicende amorose e famigliari delle quattro donne con una certa curiosità, esaurita la verve già poco originale dei loro caratteri con un paio di sketch divertenti, il tutto si riduce alla ripetizione di quelle situazioni e di quelle battute che vengono esasperate in senso volutamente caricaturale e povero di significato. L’audacia e la sfrontatezza di una passione e di un erotismo mai veramente espliciti iniziano poi a prendere una piega più sentimentale: con una certa dose di furbizia – e forse una nota di sarcasmo – Holderman sostituisce l’atto erotico con un tenero e sincero sentimento d’amore, l’unico che, come da copione, sembra rispondere ai veri bisogni delle nostre eroine. La manager mangiauomini cadrà tra le braccia della sua vecchia fiamma? La moglie devota riuscirà a riaccendere la passione e l’affetto del suo amato marito? Le risposte sono in fondo al primo bicchiere di vino bevuto e nel sotto-testo di tutte le scene che si giocano tra le polarità uomo-donna. Innegabile in ogni caso l’incredibile alchimia tra le quattro interpreti, guru del cinema che assicurerebbero il successo di qualsiasi produzione e che qui danno il meglio di loro in ruoli che comunque risultano credibili pur nella loro prevedibilità. Loro il merito del discreto successo del film al botteghino, loro la gloria della tenuta di un film che tutto sommato si fa guardare, senza alcuna pretesa se non quella dell’intrattenimento spicciolo della domenica pomeriggio.

Maria Letizia Cilea