Storia vera della caduta di Roger Ailes, fondatore e capo del canale conservatore Fox News, che nel 2016 è stato accusato di molestie sessuali da numerose componenti del suo stesso staff. Licenziata per i toni eccessivamente animati in favore della causa femminile, la presentatrice Gretchen Carlson è la prima a denunciare Ailes. E mentre il fenomeno Trump viene alle luci della ribalta, numerosissime testimonianze di donne molestate dal magnate dell’informazione si accumulano. Quando anche la presentatrice e donna-simbolo del canale Megyn Kelly si unirà alla causa la questione diventerà un caso mediatico, sconvolgendo l’industria del giornalismo con tanto di battaglie legali e risarcimenti di milioni di dollari alle vittime.

Un anno prima dello scandalo Weinstein e del movimento #metoo, il caso del licenziamento di Roger Ailes per molestie sessuali ebbe un impatto altrettanto importante nel campo del giornalismo televisivo, ridefinendo in parte i vertici del noto canale conservatore Fox News, a cui capo, dal 2018 e per la prima volta nella sua storia, si trova una donna. La storia è stata adesso adattata per il cinema (ma distribuita su Amazon Prime Video per l’emergenza COVID) da Jay Roach, autore diviso tra commedia e racconti politici (suo L’ultima parola – La vera storia di Dalton Trumbo, ma anche i vari Austin Powers), che con una mossa piuttosto scaltra posiziona Bombshell tre anni dopo i fatti Weinstein, quando l’ondata della protesta antiabuso messa in piedi proprio a partire da quello scandalo è ormai ben nota, sufficientemente solida da fare da spalla alle tesi proposte nel film.

Sfruttare le occasioni può dare dei buoni frutti, se non fosse che la struttura dell’opera e persino la narrazione di fatti, ripresi piuttosto nel dettaglio, ci vengono presentati con un’ottica caotica e semplificante, che si limita a sfiorare solo la superficie delle pesantissime tematiche messe in gioco dalla vicenda. Le tre protagoniste, interpretate dalle bravissime Charlize Theron (nei panni di Megyn Kelly), Nicole Kidman (qui Gretchen Carlson) e Margot Robbie (ambiziosa giornalista alle prime armi, sintesi delle testimonianze di tutte le donne molestate da Ailes) si trovano in posizioni molto diverse nelle gerarchie di un’azienda strutturata sulla base della volontà e dell’occhio lungimirante del suo capo: se Gretchen Carlson interpreta la professionista dotata di acume e un po’ stantia, messa da parte per aver mostrato le sue idee politiche, la donna-immagine Megyn Kelly rappresenta la linea di fuoco della comunicazione di Fox News, giornalista conservatrice e di talento che fa del duro lavoro il suo cavallo di battaglia senza farsi mettere i piedi in testa da nessuno. Per quanto dignitosamente tutte e tre agiscano, al di sopra di loro e dentro le più diaboliche pieghe del sistema giornalistico c’è un sottofondo culturale che porta il nome di sessismo, al quale coloro che hanno il privilegio di essere donne non possono sfuggire: sudare sotto le luci dei riflettori non è consentito, controbattere agli insulti del candidato presidente Donald Trump porta enormi seccature, per non parlare di chi nell’entusiasmo del momento si va a cercare colloqui privati con i propri capi per chiedere di poter cambiare ufficio.

L’atmosfera asfissiante è percepibile sin dalle prime scene, e se tutto sommato la scansione narrativa di alcuni fatti collaterali contribuisce a farci respirare la tensione cui le protagoniste sono sottoposte, la scrittura non si sforza più di tanto nel raccontare le contraddizioni vissute sul posto di lavoro dalle donne che vogliono raggiungere il successo senza scendere a compromessi. Così si preferisce mettere giù qualche battuta furba sull’onnipervadente occhio maschile che svilisce e giudica il corpo della giornalista piuttosto che analizzare il sottile confine che divide ambizione, arrivismo e spirito di sacrificio in un ambiente pieno di squali pronti ad azzannarsi tra loro. Bombshell perde dunque di incisività e cavalca piuttosto l’onda degli slogan, con personaggi che pur nel loro essere completi e ben definiti rimangono prigionieri di una certa americanissima retorica che fa della spettacolarizzazione dei fatti il fulcro del suo racconto. Il dramma dello scontro tra i valori conservatori di cui le tre donne si fanno portatrici e i contesti di abuso da loro vissuti non entra neanche nell’orizzonte da esplorare, dove invece per risolvere le asperità si stemperano i toni e si decide di gettare tutto in groppa al cattivone (pazzesco John Lithgow nei panni di Roger Ailes): il mostro viene giustamente messo alla gogna, la giustizia fa finalmente il suo corso, e chissà se il nuovo capo della baracca sarà più onesto del precedente, o se piuttosto non si sia saltati dalla padella nella brace.

Conciliante al punto giusto per intrattenere senza causare troppo disturbo, alla fine della visione di Bombshell viene da domandarsi se con una storia così potente non ci si sarebbe potuti prendere dei tempi e delle mire diverse prima di licenziare un film che, al di là del valore documentario, non aggiunge nulla di sostanziale, né all’arte né, soprattutto, al dibattito su un tema che così tanto spazio si è guadagnato negli ultimi anni.

Letizia Cilea