Molto particolare l’idea di François Ozon di rigirare un famoso film di Rainer Werner Fassbinder del 1972: Le lacrime amare di Petra Von Kant, cambiando però il sesso del protagonista. Se nell’originale era una famosa stilista (Margit Carsensten) che terminava la relazione con la sua assistente in quanto affascinata da una giovane modella (Hanna Schygulla, icona del regista tedesco), nel film di Ozon il protagonista che dà il titolo al film si chiama Peter Von Kant ed è un regista (interpretato da Denis Ménochet, che – anche fisicamente – ricorda molto Fassbinder) che si innamora perdutamente di un giovane (Khalil Ben Gharbia) tanto da farlo recitare in un suo film e lanciarne la carriera. Un film girato tutto nell’appartamento del regista, in un continuo confronto tra lui e il giovane, con l’intervento anche della donna che gliel’aveva presentato (Isabelle Adjani), della madre (nel cui ruolo ritroviamo Hanna Schygulla), e del suo assistente (Stefan Crepon). Una grande prova attoriale nella quale non mancano momenti drammatici, ma anche molto ironici.
Tra i film fuori concorso c’è Good Luck to You, Leo Grande di Sophie Hyde, con Emma Thompson e il giovane Daryl McDormand: un’insegnante vedova e in pensione decide di affittare il giovane sex worker Leo Grande per cercare un’esperienza di sesso che, negata o auto-negata, non ha mai avuto prima. Una storia con sinceri momenti di divertimento, in un duello verbale che diventa esplicitamente fisico solo nell’ultima parte. Purtroppo l’happy ending arriva senza molte sorprese, con un personaggio maschile che rimane un po’ costruito come un “santino del sesso”. L’interpretazione di Emma Thompson è però magistrale, mentre si mette davvero a nudo nei panni di Nancy, una donna tanto controllata quanto spaventata dal non riuscire ad abbassare la propria soglia di guardia. Dopo il desolante scenario della Rimini di Seidl, ecco allora un film al Festival con un approccio diametralmente opposto alla sessualità in età matura, qui con qualche concessione di troppo alla favola sentimentale, ma con anche una grande interprete a regalarci un’interessante protagonista.
E’ invece in concorso Nana, adattamento da un romanzo ambientato nell’Indonesia degli Anni ’60: dopo che suo marito viene rapito, Nana si risposa con un possidente più anziano e ha altri figli, ma il passato continua a infestare i suoi sogni e a impedirle di integrarsi nella nuova vita. Grazie soprattutto a musiche, costumi e interpretazioni misurate, la regista Kamila Andini compone un ritratto elegante e a tratti surreale della quotidianità di Nana, sospesa tra passato e presente, tra orrori della purga anti-comunista e fatiche legate al nuovo status sociale. Non sempre è facile, però, seguire il filo della storia così come dei tormenti interiori della protagonista, infine inaccessibili come quel sussurro che non si riesce a sentire.