La formula che funziona non si cambia, hanno evidentemente pensato il regista Philippe de Chauveron e i suoi produttori, dopo il successo di Non sposate le mie figlie! Accolto in Francia da ottimi risultati (anche se rifiutato dai mercati inglese e americano in quanto giudicato troppo politicamente scorretto), il film mescolava le paure di un padre che aveva già sposato tre delle sue figlie a giovani extracomunitari e temeva per la quarta.
Lo scontro di culture è quindi anche il soggetto di questo Benvenuti a casa mia, che come nel precedente film vede Christian Clavier (già protagonista di Non sposate le mie figlie!) in un ruolo classico e stereotipato: Jean Étienne Fougerole è un docente universitario, un intellettuale impegnato e autore di libri di successo sulla “società aperta” (il regista ha dichiarato di essersi esplicitamente ispirato al filosofo Bernard-Henry Levy). Abita in una bellissima villa alle porte di Parigi, con un grande giardino, un figlio, una moglie che si ritiene un’artista perché crea “sculture” con vecchi oggetti accatastati, e un formale domestico indiano che, nonostante le insistenze della famiglia Fougerole, si rifiuta di dare del tu ai suoi datori di lavoro. In un montaggio parallelo veniamo anche a conoscere la famiglia del Rom Babik, che vive in una roulotte, campa di espedienti e piccoli furti, e che accoglie anche un razzista francese sfrattato di casa. In un dibattito televisivo per la presentazione del suo libro “A braccia aperte”, Fougerole viene attaccato da un politico di destra che lo accusa di essere accogliente solo a parole. Messo alle strette, lo scrittore si dice disposto naturalmente ad accogliere chiunque a casa sua, anche una famiglia Rom. Così, la mattina successiva, la famiglia di Babik si presenta sfacciatamente per piazzarsi nel giardino di casa Fougerole, e al professore non resta altro che far buon viso a cattiva sorte.
Ovviamente nel film i luoghi comuni si sprecano. Interessante come alla accoglienza ideologica sbandierata, anche se estorta (Fougerole apre casa sua ma mette in cassaforte tutti gli oggetti preziosi e calcola quante copie in più venderà del suo libro dopo questo gesto) venga contrapposta una sorta di dirittura morale della famiglia Babik: che rubacchia qua e la, ma solo per sfamare la famiglia, è religiosa, rispetta la famiglia altrui, vive spensieratamente cantando (magari spacciandosi in metropolitana per peruviani) e chiedendo l’elemosina.
Massacrato dalla critica francese con l’accusa di aver rappresentato i Rom con una serie di paternalistici luoghi comuni e di essere un film omofobo (il politico cattivo di destra che accusa Fougerole è giovane, elegante e gay), Benvenuti a casa mia va preso per quel che è: una commedia e non un saggio sociologico o un documentario sull’accoglienza dei Rom nella società contemporanea. E pur con tutti i limiti di una narrazione molto semplice e di personaggi molto caratterizzati (il borghese di sinistra benpensante, la moglie che non lavora e vuole sentirsi realizzata col talento artistico che non ha, il domestico che sembra Peter Sellers in Hollywood Party, i Rom che chiedono l’elemosina e si spacciano per quel che non sono) rimane comunque un film che qualche domanda scomoda la pone comunque, anche se infilate magari tra una scena comica e l’altra.
Beppe Musicco