È una storia che voleva raccontare da cinquant’anni quella intorno a cui Kenneth Branagh ha scritto e diretto il suo ultimo film (7 nomination agli Oscar): canto amore e nostalgia per Belfast, la città in cui il regista e attore è nato, ma che ha dovuto lasciare sull’onda dei sanguinosi scontri causati dai protestanti decisi a espellere i cattolici considerati nemici ed estranei.
La famiglia del piccolo Buddy (l’irresistibile Jude Hill) vive in una strada dove fino a prima di quel fatale agosto del 1969 la convivenza è sempre stata possibile, i bambini giocano per le strade e il vero problema sono piuttosto i debiti con il fisco e le lunghe trasferte del padre (un luminoso Jamie Dornan) costretto a seguire il lavoro che non c’è. Meno male che a tenere insieme la famiglia c’è una madre determinata e dolce (Caitriona Balfe) e una coppia di nonni straordinari (Ciaran Hinds e Judi Dench). Sono loro a guidare la crescita del piccolo protagonista che osserva con occhi increduli e stupiti il mondo che conosceva mentre viene sconvolto dalla violenza.
Nonostante tutto c’è spazio per i primi, innocenti amori e per le avventure: tutto è raccontato in un bellissimo bianco e nero, con un tono che passa con disinvoltura dal realismo al fiabesco, costruendo un coming of age di rara sensibilità. Con gli occhi di Buddy vediamo le dinamiche non facili del rapporto tra i genitori (con un padre assente e a volte inaffidabile e una madre determinata, ma anche vulnerabile) che si specchiano con quelle della coppia dei nonni mostrando con semplicità la forza di chi è determinato a costruire e conservare una famiglia senza scoraggiarsi.
Molto belle anche le scene che riguardano il percorso scolastico di Buddy, motivato più dalla simpatia per la compagna di classe che da un naturale amore per la conoscenza. Così come il modo, semplice ma efficace, con cui si racconta la dolorosa fine della convivenza tra cattolici e protestanti: senza pretendere di fare un discorso politico, ma affidando allo sguardo pieno di nostalgia di Buddy tutto l’amore per un’origine in cui ognuno trova la forza per costruire, ovunque ci si trovi.
Luisa Cotta Ramosino
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