Milla, 16enne malata di tumore, incontra un giovane spacciatore, Moses, che vive per strada ma non sembra aver paura di niente. Moses risveglia in lei un forte desiderio di vivere e di amare, proprio quando le sue condizioni fisiche si aggravano. L’energia e il disordine portati dal legame tra i due ragazzi toccheranno tutti coloro che fanno parte delle loro vite.
Arriva finalmente nelle sale italiane Babyteeth – Tutti i colori di Milla, l’esordio cinematografico della regista australiana Shannon Murphy, presentato a Venezia nel 2019: proprio alla 76a Mostra del Cinema, questo piccolo dramma indipendente ha visto aggiudiare il premio per il miglior attore emergente a Toby Wallace, volto fresco e credibile nei panni del randagio Moses.
Dopo una certa confusione nella prima parte, il film racconta con un taglio nuovo e autoriale una storia presentata spesso sul grande schermo, quella di una giovane malata terminale che si innamora. Procedendo per ellissi, nel montaggio come nella colonna sonora, e con fugaci sguardi in camera della protagonista (una naturale Eliza Scanlen, già nella miniserie Sharp Objects e in Piccole donne della Gerwig), il racconto si focalizza sulle relazioni tra giovani, tra adulti e sullo scambio tra questi due mondi. C’é tanto dolore, ma anche umorismo e umanità: ad esempio quella del maestro di violino, che si preoccupa dei suoi allievi e di trasmettere la bellezza della musica meglio ancora che insegnare a suonare, e quella delle madri, prima senza linee di comunicazione con i figli e poi sempre più desiderose di non perdersi nulla della loro vita, a costo di affrontare la sofferenza senza anestesie.
Babyteeth si rivela una storia nel suo piccolo preziosa pur con delle forzature, non riuscendo a scalfire del tutto la superficie dei personaggi o a evitare alcuni scivoloni melò. E il finale speranzoso riflette sulla possibilità che i legami hanno di durare anche quando tutto sembra finire.
Roberta Breda