Una coppia di turisti americani in vacanza nel nord Africa, sull’orlo della separazione, saranno riuniti sull’orlo della tragedia (lei è stata colpita da una fucilata accidentale). I loro figli rischiano la pelle per colpa di una tata messicana sventata e sfortunata. Il ragazzino africano che ha sparato sul pullman dove c’erano i due americani metterà in pericolo la sua famiglia: ci lascerà le penne il fratello. Il fucile era stato regalato da un cacciatore giapponese a una guida africana: quel giapponese ha una figlia depressa da quando la madre è morta, e reagisce provocando sessualmente i ragazzi. ,Storie di dolore e di tragedia che, come nei precedenti film del messicano Inarritu “Amores Perros” e “21 grammi” nostrano tanta abilità tecnica quanto cinismo e furbizia narrativa. Se c’è una cosa che può andare male lo farà, eccome (anche se la storia principale ha una specie di lieto fine). Ma c’è solo programmatica sete di sventura a tavolino, che non commuove e irrita profondamente. Gli attori sono tutti bravi, c’è da dire, e far recitare così bene un Brad Pitt invecchiato ad arte (e comunque migliorato negli anni) è un titolo di merito. Ma solo la storia della ragazza giapponese ha sprazzi di sincerità. Se vogliamo, l’unico pregio del film è aver scelto stili diversi a seconda delle quattro ambientazioni, trasformando il film in minipellicole dove non solo ci sono tante lingue (ovvio il riferimento a Babele) ma altrettanti stili rispettosi di paesi, sensibilità e culture diverse. In particolare, ancora l’episodio giapponese sembra girato da un regista nipponico, per l’aderenza psicologica ai giovani rappresentati. Ma è poca cosa rispetto a un apocalittismo fine a se stesso che fa paura: Inarritu più che al caso sembra credere al destino, ma è un destino cinico e baro. Invece, cinico e baro, sembra a tratti questo regista emergente e trendy, di quelli che puntano ai premi ai festival raccontando le sfortune degli umani di cui pare in fondo disinteressato: mai vista così poca compassione in un autore che cerca di far piangere a ogni piè sospinto i suoi spettatori. Che confonde con il suo solito – e ormai stucchevole – andirivieni temporale fatto apposta per rigirare il coltello nella piaga delle ferite psicologiche.,Antonio Autieri