Lo spunto di partenza è quanto di più spericolato ci possa essere: l’avvocato Lorenzo, separato dalla moglie anch’essa avvocato, per dimostrare di non essere pigro e inadatto a qualsiasi attività – non ha nemmeno uno studio professionale, ma “esercita” (senza praticamente avere clienti) in un piccolo ufficio nel retrobottega di un’estetista – fa causa allo zoo per liberare un gorilla dal suo stato di “prigionia”. E la moglie, per andargli contro, difende lo zoo mettendo in palio con lui – con la vittoria – la firma per il divorzio. Così da poter sposare il nuovo compagno. A sorpresa Lorenzo vince la causa, ma in attesa di mandare il gorilla in Africa deve fargli da tutore. E quindi lo porta a casa propria, dove vive con l’altrettanto sbandato amico Jimmy. I tre figli dei due coniugi, cui Lorenzo non ha mai dato troppa attenzione, si innamorano del gorilla (che iniziano a chiamare Peppe), peraltro molto intelligente (come capiamo dai suoi “pensieri” umani). Tutti insieme passano molto più tempo, all’insaputa della moglie, che vuole sempre il divorzio per risposarsi con il nuovo compagno – matrimonio organizzato con tale cura da far prevedere che non ci sarà mai – ma che non capisce perché il figlio maggiore, che ha pure ripreso a parlare, e le due gemelline Sara e Rosa (che il padre confonde) vogliano stare ormai di più con quel disadattato del padre…
Favola contemporanea sulla carta assurda ma non senza un fondo di gradevolezza, anche con un discreto cast abbastanza bene assortito e che vorrebbe rivolgersi a bambini e ragazzi oltre che adulti. Peccato che le allusioni, anche pesanti, si sprechino e pure qualche momento inutilmente sopra le righe anche se – magra consolazione – altre commedie sono ancora più volgari (ma non si rivolgevano anche ai bambini come invece questo film). Dopo un inizio che fa un po’ cadere le braccia, soprattutto nella scena della litigata in tribunale tra i due avvocati/coniugi, il film prende piede con la convivenza tra gorilla e Lorenzo e Jimmy, e soprattutto con i tre figli che riscoprono il padre. Frank Matano, di nuovo diretto da Luca Miniero dopo Sono tornato, dopo anni da spalla ha i tempi comici giusti anche come protagonista, ma non trova quasi mai una storia davvero all’altezza e le battute che lo valorizzino al meglio. Tenerezza e surreale a tratti ci sono, ma ogni volta che si pensa che il film stia crescendo, poi si scivola in qualche personaggio mal riuscito (come l’uomo cui Lorenzo vorrebbe vendere il gorilla, con tutto il sottofonda giallo e animalista: debolissimo). Di fondo, è curioso che i due migliori attori in scena – Cristiana Capotondi e Francesco Scianna – sono i meno convincenti, quasi svogliati in un film forse troppo “banale” per i loro standard; mentre le “spalle” Lillo Petrolo (anche senza il compare Greg) e Diana Del Bufalo, si calano meglio nei loro personaggi pur non particolarmente ben scritti (la sceneggiatura è firmata dallo stesso Miniero con Gina Neri e Giulia Gianni). Quanto al gorilla, la voce di Claudio Bisio fa il suo (ai più vecchi ricorderà la voce del bambino di Senti chi parla? affidata a Paolo Villaggio), anche se alla lunga può risultare un po’ stucchevole. Come certe considerazioni “filosofiche” sdello stesso o la “chiusa” sugli umani..
Morale: se siete in buona e non avete di meglio da vedere, può essere che vi possa anche far sorridere (materia per risate vere, a nostro avviso, ce n’è poca). Ma se cercate una commedia come si deve, beh, lasciate perdere. Ed è un peccato: non era impossibile, dal materiale di partenza, fare un po’ meglio.
Luigi De Giorgio