Ennesimo tentativo di tradurre un videogioco di successo in una pellicola cinematografica (in questo caso forse anche più di una: la storia, se di storia si può parlare, è chiaramente costruita per rilanciare su prossimi episodi), nobilitandolo in questo caso con un cast di premi Oscar di sicura visibilità e valore. Aggiungiamoci un regista “robusto” ma che ha all’attivo partecipazioni a festival (il suo Macbeth, con la coppia Cotillard e Fassbender era a Cannes un paio d’anni fa) e si può capire come le ambizioni (e il budget, superiore ai 100 milioni di dollari) fossero più alte della media. Peccato che il risultato sia un film d’azione che si prende tanto più sul serio quanto meno è dotato di un reale senso d’essere che esuli dalla celebrazione del videogioco di partenza.
Alla base della storia la contrapposizione tra l’ordine dei Templari, spietati sostenitori di un’ortodossia che vede malissimo il libero arbitrio, e gli Assassini, oscuri guerrieri con un credo para-new age che predica pseudo filosofia rimasticata di provenienza varia («Niente è reale, tutto è apparenza», «La verità non esiste, tutto è permesso»). Tutti quanti hanno particolarmente a cuore un artefatto dal significativo nome di Mela dell’Eden, che conterrebbe il segreto, per l’appunto, per manipolare la libertà umana.
In casi come questi è del tutto inutile porsi problemi di verosimiglianza storica (per dirne una, i Templari erano già stati sciolti molto prima dell’epoca dell’Inquisizione in cui si svolgono le avventure dell’antenato di Lynch), visto che in questo pout-pourri la storia serve da puro pretesto o al limite da riferimento iconografico. Inutile cercare di capire più di tanto anche se i personaggi parlano tantissimo, pure troppo, inondando lo spettatore di teorie e complotti che dovrebbero risultare segretissimi ma sono palesi dopo cinque minuti.
Il film, del resto, risulta piuttosto claustrofobico, rinchiuso come è tra le mura del centro di ricerca/prigione della Abstergo Industries; salvo che per le sequenze di azione nel passato (Callum, attraverso un marchingegno tecnologico, può recuperare la propria “memoria genetica” dell’assassino Aguilar de Nerha, che ha sempre la faccia di Fassbender). La sensazione generale è di un enorme spreco di talento (degli attori e della regia) e del tempo dello spettatore per un oggetto che davvero non ne vale la pena. Sono passati tanti anni da Matrix (a cui a tratti Assassins’ Creed sembra voler rimandare) e anche certe pillole di saggezza, che all’epoca potevano godere del vantaggio della novità, sono diventate trite e ritrite.
E non basta aggiungere Michael Fassbender che combatte a petto nudo a suon di lame e arti marziali per far suonare le baggianate sul dominio della storia dei malvagi templari meno sciocche di quelle de Il codice Da Vinci (giusto per parlare di un altro franchise che ha fatto il suo tempo). Sarebbe probabilmente stato un bene aspettarsi poco da questo tanto strombazzato evento: ma quel che il film serve è ancora meno del previsto, e speriamo che gli autori si ritengano soddisfatti di quanto fatto senza tentare ulteriori capitoli.
Laura Cotta Ramosino