Opera seconda di Francesco Mandelli, dopo Bene ma non benissimo, il film è frutto anche della sceneggiatura di Max Giusti, che interpreta il protagonista Claudio, marito divorziato e agente immobiliare dai pochi affari conclusi, da quando ha fatto fallire il negozio di elettrodomestici del padre (Massimo Wertmuller). La sua vita mediocre sembra però cambiare quando compra un telefono vendutogli da un misterioso anziano cinese, telefono che ha un tasto che consente di tornare indietro nel tempo, anche se solo per sessanta secondi.

Un tema non nuovo nel cinema, la cui migliore applicazione forse è stata Questione di tempo (Richard Curtis, 2013) e che si presta a riflessioni interessanti su come spendiamo la vita spesso rincorrendo il superfluo invece che l’essenziale. Purtroppo in Appena un minuto salta agli occhi subito la prevedibilità del giochino e delle sue applicazioni: la scommessa vinta sapendo già l’esito, la partita a carte che permette di bluffare, lo sfogo nei confronti del nuovo amore dell’ex moglie, il rigore da mettere nell’angolo giusto, cosicché ad ogni scena lo spettatore sa già dove il film andrà a parare. Max Giusti si è creato una storia per valorizzare la sua vis comica, ma la differenza tra condurre spiritosamente un programma radiofonico o televisivo e reggere un film da protagonista è purtroppo sotto gli occhi di tutti, nonostante un cast di bravi talenti, mortificati però da dialoghi poveri e scontati. Herbert Ballerina è forse quello capitato meglio, nel ruolo del barista sconsolato, ma Paolo Calabresi e Dino Abbrescia meriterebbero di meglio dei soliti cliché dell’arruffone e dell’imbroglione (e stendiamo un velo pietoso sulla verosimiglianza di Abbrescia come istruttore di zumba). Dicasi lo stesso per Massimo Wertmuller, che è un grande attore, ma perché possa risultare credibile nel ruolo di padre di Max Giusti meriterebbe almeno un impegno più efficace nel truccarsi, visto che ha solo una decina d’anni più del protagonista e al massimo può sembrare lo zio, non certo il padre. E ancora: c’è Loretta Goggi, la più incredibile showgirl dello spettacolo italiano, una che sarebbe in grado di tenere in piedi un film da sola interpretando tutti i ruoli come Peter Sellers, e la si riduce a farla ciabattare in casa portando il caffè? Che spreco vergognoso.

Insomma, probabilmente con sceneggiatori migliori e una regia meno sciatta, Max Giusti e compagnia avrebbero potuto mettere in piedi una commedia divertente, in grado di valorizzare i singoli talenti, le mimiche, la capacità di interagire. Magari far cantare una canzone alla Goggi, invece di costringere un ragazzino a far finta di essere un cantante trap solo per avere un cameo di J-Ax. E invece il film si allinea ad altri prodotti del mercato livellati dalla stessa dose di banalità; così, temiamo di essere buoni profeti nel prevedere che il destino di Appena un minuto, come capacità di farsi ricordare, sia rinchiuso nel suo stesso titolo.

Beppe Musicco