A Von Trier abbiamo perdonato tanto, almeno noi fan. Certo, il talento è indiscusso, le dichiarazione fuori set spesso contraddittorie. Il regista danese de Le onde del destino è il classico punto di contraddizione. Difficile non litigare di fronte ai suoi film: grandi film spesso come Le onde del destino o film ambigui, politicamente scorretti come Dancer in the Dark o Dogville. Von Trier è un po’ matto, anche se non si capisce mai se ci è o ci fa: regista eclettico, capace di passare da film sperimentali a horror puri e censuratissimi come la memorabile serie The Kingdom, praticamente invisibile in Italia, e Idioti, film folle e scorrettissimo la cui versione non censurata e che in Italia non è mai arrivata rasentava la pornografia. Gli abbiamo perdonato tanto per il talento visionario raro che lo contraddistingue e anche per una fiducia quasi istintiva per gli artisti non allineati e fuori dagli schemi. Almeno fino ad Antichrist. Che non è un horror in senso stretto (e quindi, davvero, vi preghiamo, horrorofili: non aprite quella porta, non entrate in quel cinema, non è un horror, non è San Valentino di Sangue), piuttosto è una discesa all’Inferno raccontato visivamente in un modo assai suggestivo. L’inferno della mente e del corpo dove l’Anticristo – in uno dei dialoghi meno deliranti che pronuncia la protagonista Charlotte Gainsbourg – è in realtà la natura maligna, intesa come natura esterna e interna dell’uomo. ,Detto questo, il film è insostenibile: e non solo per la violenza assai diffusa, le inquadrature ginecologiche, le masturbazioni, le evirazioni esibite in primissimo piano, letteralmente in faccia e alla faccia dello spettatore inerme. No, al cinema, specie nei Festival, abbiamo visto anche di peggio. Quello che più disturba è lo sguardo compiaciuto con cui il regista guarda a una vicenda di pura disperazione. E’ inaccettabile il prologo, girato in uno splendido bianco e nero, sottolineato da una musica straniante, dove, ripreso in un efficacissimo e stilisticamente perfetto ralenti, si assiste all’incidente che occorre al figlioletto della coppia intenta nella stanza vicina nell’immancabile scena di sesso spinto. E’ inaccettabile: un colpo basso, non giustificato se non da un freddo calcolo cinematografico. Scandalizzare per il gusto di scandalizzare, colpire per far male e basta. Ci sono tanti modi per mostrare e raccontare il dolore, la morte, il sesso. Von Trier ha scelto il modo più diretto, semplice e squallido: gli organi sessuali in movimento continuo, il corpo di un bimbo che si schianta. L’esito dell’operazione colpisce, ma il cinema (e la vita) sono davvero da un’altra parte.,Simone Fortunato