Leos Carax è una cometa, un regista che ha fatto solo sei film (e mezzo) in quasi quarant’anni, tutti quanti stupefacenti. Definito già dal primo fulminante esordio a ventiquattro anni il vero erede della nouvelle vague francese e da lì in poi sempre adorato dalla critica diventando un cineasta di culto con all’attivo grandi stravaganti film.
Annette è la sua ultima fatica, è il suo esordio in lingua inglese in una coproduzione franco-americana (“il budget è alto, ma comunque non abbastanza” canta la prima canzone), con protagoniste due star di primissima grandezza come Adam Driver e Marion Cotillard e l’incursione in un genere ancora mai sondato, il musical. Annette è pieno zeppo di numeri musicali che vanno da numeri più coreografici (come il geniale numero d’apertura), ai recitativi, ad arie quasi operistiche. Le musiche pop ed eccentriche sono del gruppo pop-rock statunitense Sparks e sono straordinarie, come tutti gli interpreti che cantano con la propria voce. Di saper cantare la Cotillard l’aveva già dimostrato ne La vie en rose, Driver in Marriage Story, ma non è da meno anche Simon Helberg (noto per la serie Big Bang Theory).
Il film rispecchia lo stile delle canzoni degli Sparks, apparentemente un concentrato di cliché pop, storia d’amore, di successo, un po’ è nata una stella (una storia riproposta tante volte da Hollywod, l’ultima è quella portata al successo da Bradley Cooper e Lady Gaga), ma man mano che il film procede ci si rende conto che è un film folle, fatto da folli, che mescola generi, storie, registri diversi, risultando sempre stupefacente. Parte come un musical sentimentale e già ibrida l’opera e la stand up comedy, poi diventa un cupo dramma, poi ancora un giallo e addirittura una storia di fantasmi e una favola alla Pinocchio e solo nel finale si svela, svela il suo tema e svela il suo cuore strappando (forse) anche qualche lacrima. Questo gioco di un equilibrio miracoloso riesce proprio grazie alla messa in scena di Carax, eccessiva eppure precisissima nel modulare pezzi di bravura e virtuosismi (e ce ne sono!), cinefilia spinta (il numero d’opera come Scarpette Rosse), stravaganze scenografiche e metacinema (la scena da apertura e quella dopo i titoli di coda). Il tutto al servizio non esclusivamente ad una critica/satira del mondo dello spettacolo, ma del ritratto di un personaggio negativo, arido affettivamente, incapace di amare, che usa le altre persone esclusivamente per il proprio tornaconto personale per il proprio successo ritrovandosi alla fine solo, da buon melodramma che si rispetti.
Insomma, Annette è grande cinema: certo un cinema eccentrico ed eccessivo, non per tutti, ma assolutamente imperdibile per chi cerca un cinema che sappia eccedere da canoni convenzionali.
Riccardo Copreni
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