Gli uomini al centro della storia del terzo film di Luca Lucini hanno in comune una grande passione: quella per il calcetto. Insieme formano una squadra amatoriale, con la quale partecipano a un torneo. Il calcetto è per loro valvola di sfogo da tensioni, fuga da impegni e responsabilità, ma anche metro per misurare la loro amicizia e lealtà nella vita, forse perfino metafora della loro esistenza. E infatti le loro partite sono il fil rouge lungo il quale si snoda la narrazione. In parallelo, gli affari – l’azienda di Vittorio (Claudio Bisio) in crisi, pressata da un grosso gruppo francese che vorrebbe acquistarla a condizioni favorevoli, e alcuni amici-compagni di squadra di conseguenza con il posto di lavoro a rischio – ma soprattutto i problemi di cuore.
Se il cinquantenne Vittorio ha lasciato la moglie e ha una giovanissima amante, portata via al figlio Adam (portiere della squadra), il “mediano” Lele è in crisi con la moglie Silvia (il secondo figlio ha incrinato il loro rapporto: lei rimpiange il lavoro, si sente costretta in casa, forse non si amano più) e i consigli degli amici per “riaccendere il desiderio” danno vita a goffi tentativi, con esiti disastrosi. Il “perfettino” Piero pianifica la vita alla fidanzata Martina, che gli nasconde un segreto: in una notte di follia e marijuana è rimasta incinta di Adam… La gravidanza sconvolgerà la vita e gli “schemi”, anche calcistici, di Piero… Adam passa da un’avventura all’altra per dimenticare che è innamorato di Viola, amante di quel padre che detesta e cui non vorrebbe assomigliare, e intanto scopre di aver messo incinta Martina, la fidanzata del suo miglior amico… Completano la squadra, il cinico e rampante Filippo, il simpatico Venezia, soprattutto il malinconico Mina: giornalista divorziato che rimpiange moglie e figlio, annega nell’alcool e nel tabacco i suoi dolori. Ingrassato e pesante, si limita a dare consigli nella vita e a fare il Mister in panchina, tranne quando entra in campo solo per tirare le sue devastanti punizioni… E lontana ma presente, l’ex moglie di Vittorio, Diana (la bravissima Angela Finocchiaro): brillante cardiologa, salverà il marito fedifrago quando il suo cuore non reggerà a stress e aiuti chimici…
Tutti i personaggi di questo bel film corale sono alla ricerca di un ruolo nella partita della vita. Hanno talento, ma lo sprecano. E le loro vite rischiano di andare in pezzi, se non lo sono già. Però, nel film sceneggiato da Fabio Bonifacci dopo un inizio in cui sembra di assistere a un enorme tourbillon magari colorato e divertente ma senza un briciolo di senso, emergono pian piano i veri desideri di questo manipolo di uomini e donne del nostro tempo confuso. Che, magari per caso o anche attraverso strade non limpide (la gravidanza di Martina e Piero è una bomba ad orologeria pronta a far “saltare” la loro unione, comunque suggellata da una bugia), permette ad alcuni di loro di cambiare. I due fidanzati, dopo aver inizialmente deciso di non poter permettersi un figlio (studiano all’università, non hanno soldi, li spaventa un futuro precario; e in più Martina sa che non è Piero il padre), per sbaglio si troveranno a vedere l’ecografia del feto e ad ascoltare il battito del cuore. Per Piero non sarà più la stessa cosa. Vittorio si interroga sulle strane iniziative dell’ex moglie Diana, che lo cura con fin troppa attenzione, nonostante sarcasmo e apparente ostilità. Il matrimonio di Lele e Silvia, a un passo dalla separazione, viene salvato da uno slancio di generosità di Lele che si mette in aspettativa dall’azienda in crisi e permette alla moglie di tornare al lavoro. E alla fine, anche per loro l’attesa di una nuova vita brucerà paure e calcoli…
Amore, bugie e calcetto è una commedia brillante che mette in luce attori già noti ma poco e male utilizzati dal cinema (Claudio Bisio ha avuto finora molto più successo in tv), sicurezze del nostro cinema (Giuseppe Battiston e Angela Finocchiaro), trentenni solidi (Filippo Nigro, Claudia Pandolfi) e un mazzetto di altri attori finora comprimari o sconosciuti. Ha i pregi di un ritmo svelto, di una tecnica di cinema abile (finalmente un film dove le sequenze calcistiche sono ben realizzate!) e senza compiacimenti o vezzi autoriali, probabilmente senza troppe ambizioni se non quella di trovare un pubblico cui rivolgersi. Nel farlo, usa trucchi e modalità tipiche di certo cinema contemporaneo (l’allusione sessuale, la gag a volte pesante) che probabilmente suonano sgradite a chi ha una particolare sensibilità. Ma con il procedere della narrazione svela i suoi pregi, cinematografici – è una rara commedia sentimentale italiana che regge il confronto con quelle anglosassoni e non scade nella mediocrità e nella sciatteria – e di sostanza. Che racconta famiglie normali e persone vere, con i problemi di tutti, e le guarda con simpatia nel tentativo di andare avanti, e che vede nella vita che nasce una risorsa e una molla per il cambiamento. Certo, il perché si debba stare insieme o mettere al mondo un figlio sembra più lo scatto di un sentimento buono che una coscienza matura e fondata su ragioni. E vien da pensare che il futuro di quelle persone, senza ragioni salde, potrà riproporre bufere appena superate. Ma quel sentimento è un seme da coltivare.
Antonio Autieri