Dopo un incipit con un funerale in cui la vittima “protesta”, in musica, di  essere il morto sbagliato, e un surreale tour turistico nella Scampia di Gomorra, la scena se la prende – mentre l’azione va indietro di cinque giorni – un agguato criminale di una banda a un’altra rivale: l’obiettivo è uccidere il “re del pesce” don Vincenzo Strozzalone (uno strepitoso Carlo Buccirosso), per soppiantarlo nella gestione di business illeciti. Pur ferito, il boss si salva. Ma lo spavento è stato forte: e se – suggerisce la moglie, donna Maria – si trovasse il modo di farlo credere davvero morto, e magari scappare lontano, insieme? Quando però in ospedale un’infermiera di nome Fatima involontariamente vede quel che non dovrebbe vedere, i due fidati sgherri Ciro e Rosario hanno il compito di risolvere il “problema”. Senonché, quell’infermiera era un amore adolescenziale di uno dei due: e quando le ragioni del cuore si mettono di mezzo può succedere di tutto…

In concorso alla Mostra di Venezia 2017, Ammore e malavita è il miglior film dei talentuosi ma discontinui Marco e Antonio Manetti, i cosiddetti Manetti Bros. Sulla scia del loro precedente, e riuscito, Song’e Napule (rimasto però confinato nella nicchia dei cultori), qui i registi romani tornano a Napoli con un film più “grosso” e potenzialmente di successo. Anche qui la musica ha una parte importante: anzi, ancor di più qui siamo proprio vicini a un musical classico, in cui l’azione a volte si interrompe per proseguire grazie alle parole in musica. E, come da titolo, sono canzoni d’amore e di malavita. Tante (belle) canzoni, in cui numeri da musical (con citazione-omaggio strepitosa di un film diventato ormai un classico degli anni 80) si mescolano a pezzi da sceneggiata napoletana, con spruzzate di musica più contemporanea e un accenno di rap. E tanta malavita: ci sono parecchi morti ammazzati ma è una violenza all’americana, da film action o da comic movie, in cui ci si diverte senza vergognarsi.

Tra i punti di forza di un film che fa salire un gradino ai due registi sul piano dell’autorevolezza, ci sono un gruppo di attori molto in forma che si divertono divertendo e convincenti pure quando sono chiamati a cantare: oltre a un Carlo Buccirosso davvero scatenato, ci sono Claudia Gerini (finalmente tornata su ottimi livelli) nei panni della terribile moglie Maria che idea lo stratagemma per nascondere il coniuge, il fedelissimo dei due registi Giampaolo Morelli (che ha lavorato con  i Manetti in Song’e Napule, ma anche anni fa in Piano 17 e da alcune stagioni nella serie tv L’ispettore Coliandro) e la bella e brava Serena Rossi, mentre Gennaro Della Volpe in arte Raiz – già voce degli Almamegretta – canta ovviamente bene ma anche quando recita si fa apprezzare. E se anche gli attori con parti minori sono ben scelti, alcune battute e momenti promettono di diventare “cult”.

Non sarà per tutti i gusti, forse, perché già il musical è genere per palati fini; se mescolato a una commedia che cita e parodizza, in napoletano stretto, tanto cinema (compreso il trash alla Mario Merola o Nino D’Angelo d’altri tempi) e musica più o meno recenti l’operazione diventa al tempo stesso affascinante e azzardata. Ma a noi il mix comicità/azione/musica e anche un pizzico di sentimento – ma sempre con ironia – ci è parso molto convincente. Le facce sono tutte giuste, le citazioni cinematografiche (donna Maria ama molto i film…) divertenti e azzeccate, la storia simpatica quanto basta e capace di farsi seguire per il puro gusto del racconto e della sorpresa (ce ne sono parecchie…). Ammore e malavita si innesta sulla scia del recente rinnovamento del cinema italiano, con tentativi (come Lo chiamavano Jeeg Robot) spesso riusciti di allargare la propria platea rivolgendosi a spettatori più giovani e dai gusti internazionali. Tentativi da guardare con grandissimo favore, per quel che ci riguarda.

Antonio Autieri