Alla vita inizia con l’arrivo degli Zelnik, famiglia francese di ebrei ultraortodossi, nella masseria pugliese di Elio, produttore di cedri, frutto sacro per gli israeliti. Esther Zelnik, giovane ventenne, si sente sempre più oppressa dalla rigidità dei riti religiosi e cerca conforto in un blog di persone che, come lei, hanno messo in discussione il proprio credo. Anche Elio, divorziato con tre figli e grande appassionati di disegno, si sente oppresso dalla scelta compiuta di seguire le terre ereditate dal padre…
Promettente esordio alla regia per Stephane Freiss, Alla vita è il racconto di due persone – Elio (Riccardo Scamarcio) e Esther (Lou De Laâge) – per ragioni diverse, oppresse e infelici. L’attenzione principale è su Esther e sul suo tentativo di cercare una propria strada allontanandosi dalla rigidità e dalle imposizioni dell’ebraismo ultraordososso. Quello di Freiss, infatti, è un interessante film che tratta un tema delicato come quello della vita in comunità religiose che possono essere molto soffocanti. Non è un film ideologico e c’è rispetto per la tradizione e i riti ebraici che vengono rappresentati nel film; vediamo però la protagonista in forte crisi di coscienza, divisa tra l’affetto e l’amore per il padre e il desiderio di trovare una nuova vita, di poter ballare liberamente, di cercare una propria strada che non sia già segnata dalle regole e di non sentirsi in colpa semplicemente per essere andata a vedere un film al cinema. Il suo rifugiarsi in un blog in cui scrivono ebrei in difficoltà come lei, è il suo unico spazio di libertà.
Contraltare di Esther è Elio. Anche lui è infelice, non solo per la fine del matrimonio e per la lontananza dei figli ma anche perché le terre ereditate dal padre, più il tempo passa, più si trasformano in una “prigione” anche per lui. L’incontro tra i due, fatto di sguardi di intesa e da un unico momento in cui le loro mani si cercano e si trovano, sarà importante per entrambi per prendere, forse, una decisione che cambierà per sempre il corso delle loro vite. Brava Lou De Laâge nel rendere le sfaccettature di un personaggio tormentato, più scolastica l’interpretazione di Riccardo Scamarcio questa volta un po’ troppo monocorde nelle sue espressioni.
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