Affare fatto (Unfinished Business)
Usa 2015 – 91′
Genere: Commedia
Regia di: Kevin Scott
Cast principale: Vince Vaughn, Tom Wilkinson, Dave Franco, Sienna Miller
Tematiche: lavoro, successo, carriera, multinazionali
Target: sopra i 14 anni (volgarità diffuse)

Un manager, da poco licenziato dalla multinazionale per cui lavorava, cerca di rimettersi in pista con due colleghi strampalati.

Recensione

Debolissima commedia dai toni farseschi diretta da Ken Scott, il regista di Starbuck. La volgarità è il tratto più fastidioso: sequenze come quella in cui il povero Wilkinson si sballa con l’ecstasy in discoteca o quella (terribile!) in cui Vince Vaughn e Dave Franco si ritrovano nei cessi di un locale gay circondati dalle peggio cose, per usare un eufemismo, la dice lunga sul livello di comicità del film. Vero è che il film di Scott guarda alla comicità greve di Una notte da leoni e dintorni, dove pure non mancavano sequenze imbarazzanti tra il grottesco e lo scoreggione, ma al film manca innanzitutto la vis comica di un Galifianakis oltre a un ritmo che nel film di Philips era il punto forte.
Qui si raschia il fondo del barile: tra performance sessuali di un inconsistente Dave Franco, che peraltro nel film interpreta pure un ebete senza speranze e tanti cliché, la sceneggiatura firmata da Steve Conrad, autore degli script de La ricerca della felicità e I sogni segreti di Walter Mitty, .ha ben poche carte da giocare: il conflitto tra Vaughn e la tagliatrice di teste che l’ha fatto licenziare interpretata da Sienna Miller restituisce pochissimo sia in termini di comicità pura sia come rappresentazione di un mondo del lavoro in cui ciò che conta è più di tutto l’opportunismo. Un’unica buona gag, quella in cui Vaughn trova sistemazione in una Berlino affollata di turisti e politici (nella città tedesca ci sono eventi concomitanti: una maratona, una Gay Parade e pure il G8) in una sorta di installazione in un museo, in pratica una stanza d’albergo tutta a vetrate dove chiunque può vedere dentro. Il resto scorre in modo uniforme senza troppe svolte: si inizia subito in medias res con il protagonista messo alla porta in malo modo dalla direttrice del personale; i tentativi goffi di mettere in piedi una squadra con l’inesperto Franco e Tom Wilkinson (poveraccio, un grande attore alle prese con un personaggio ridotto a semplice macchietta); il trasferimento a Berlino dove i tre devono presentare il loro progetto a un possibile cliente in un accumulo di situazioni grottesche che spesso sconfinano nel cattivo gusto tra locali gay e manifestazioni politiche in una corsa contro il tempo (bisogna infatti spicciarsi a presentare il progetto al grande capo prima che arrivi la concorrenza) che regala poche risate e tanto fastidio. L’uso insistito di una volgarità fine a stessa e l’uso di interpreti fuori parte sono gli elementi peggiori di una commedia che ha ben poco da dire.

Simone Fortunato