La vita di Will, quarantenne figlio di un compositore di jingle, sembra il sogno di tante persone: i diritti d’autore di una stucchevole canzoncina natalizia gli hanno tolto la preoccupazione di lavorare, essendo appunto i diritti stessi la sua costante e abbondante fonte d’entrata. Will vive a Londra ed è single felice. In realtà di relazioni ne ha di continuo, ma per lui le donne sono solo occasione di conquiste passeggere, senza impegno. Ma quando si inserisce in un gruppo di genitori single per fare facilmente colpo (fingersi un padre solitario scatena istinti di protezione nelle “ragazze madri”, ideali per una conquista), qualcosa va storto. Iniziano a capitare contrattempi in serie, che partono dalla sua falsa affermazione iniziale: avere un figlio. Dove trovarne uno per reggere il gioco, una volta trovata la donna ideale? L’incontro con il dodicenne Marcus, figlio della sciroccata Susie, sembra perfetto. Ma Marcus, cui manca la figura paterna e che deve già far fronte ai tentati suicidi della madre, chiede molto a Will. Il quarantenne viziato dovrà mettersi in gioco.

Per Will, uomo immaturo nonostante l’età, la vita prima di Marcus è all’insegna della totale autosufficienza, teorizzata con sicumera («Ogni uomo è un’isola») e vissuta con ostinata accidia e cinica imperturbabilità: laddove l’autosufficienza economica (ma sarà davvero così invidiabile non dover mai lavorare?) si rispecchia in quella sul piano dei rapporti e dagli affetti. Ma l’amicizia con Marcus, ragazzino sensibile che lo “sceglie”, lo riaprirà alla vita. Commedia brillante, prodotta non a caso dalla britannica Working Title (una lunga tradizione nel genere, da Quattro matrimoni e funerale a Notting Hill) tratta dall’omonimo best seller dello scrittore britannico Nick Hornby, About a Boy vede uno Hugh Grant forse nel suo ruolo migliore: irresistibile come simpatica canaglia dei sentimenti e ben spalleggiato dal giovanissimo Nicholas Hoult; ma sono molto bravi tutti gli attori di contorno, con due comprimarie di lusso come Toni Collette (sempre bravissima) e Rachel Weisz, ben inseriti in una sceneggiatura scoppiettante sostenuta da dialoghi vivaci. Il pregio principale è però in una storia che parte da un mito contemporaneo – la solitudine in grado di compiere l’umano – per demolirlo senza retorica ma con nettezza, riuscendo a divertire (da antologia la sequenza del concerto scolastico, con indimenticabile fiasco di Will) e a intenerire al tempo stesso.

Antonio Autieri