Una rapida inquadratura di uno stadio strapieno durante un concerto e una figura ricoperta di lustrini che abbandona il palco esausta. Rapido cambio di scena: la stessa donna in un ampio caftano sdraiata sul bordo di una piscina di una villa. È Tilda Swinton che interpreta Marianne, una cantante rock di successo dall’aria androgina (un po’ David Bowie, un po’ P.J. Harvey) cui i medici hanno imposto totale mutismo dopo un’operazione alle corde vocali, e che si sta riposando a Pantelleria in compagnia di Paul (Mathias Schoenaerts), documentarista e suo partner. Un periodo di silenzio ricco di momenti intimi, di relax e di quiete: la perfetta maniera di riprendersi dopo le fatiche dei concerti e dell’operazione. Paul è attento, protettivo, complice, e la vita dei due amanti sembra svolgersi perfettamente tra le mura di casa e l’azzurro del mare. Il paradisiaco tran tran viene però interrotto da una telefonata. È Harry (Ralph Fiennes) che annuncia a sorpresa il suo arrivo. Harry appartiene al passato di entrambi: è stato produttore discografico di Marianne, con cui ha avuto anche una storia, e poi ha spinto Paul tra le braccia della donna. Harry è logorroico, si muove come un tarantolato e per di più porta con sé una figlia adolescente (Dakota Johnson) che lui stesso ha scoperto da pochissimo tempo di avere. Ovviamente la coppia è tutt’altro che entusiasta di dividere la villa coi nuovi venuti e col codazzo di amici e conoscenti che iniziano a frequentarli, né basta il forzato silenzio di Marianne e il tranquillo carattere di Paul a fermare un uomo che sembra voler a tutti costi rivivere i momenti ruggenti della sua carriera nel mondo della musica, anche mettendosi a ballare come un forsennato al ritmo di “Emotional Rescue” dei Rolling Stones.
Guadagnino conferma lo stile già mostrato in Io sono l’amore: ambientazioni eleganti anche nella semplicità mediterranea, personaggi autoreferenziali che appartengono a un modo distantissimo da quello dei comuni mortali, una messa in scena barocca, ricca di musiche, colori, costumi (la Swinton è vestita da Dior in tutte le scene). Lo spunto è in un altro film simile: La piscina, di Jacques Deray, con Alain Delon e Romy Schneider, anche se lo svolgersi prenderà un’altra piega, che vedrà scendere in campo anche il maresciallo della locale stazione dei Carabinieri (interpretato da Corrado Guzzanti). Il giallo di cui si tinge la vicenda, e che sembra far crollare la vita di fama e benessere della coppia, è la svolta necessaria in un film dove succede poco o niente, e le schermaglie dei tre sono cosa di scarsissimo interesse. Ma anche il personaggio di Guzzanti (che pure è un attore comico capace di inaspettati registri drammatici) è poco coerente, nel passaggio dall’indagatore acuto che non si fa ingannare dalla fama e dal censo, a una deludente esibizione di devota piaggeria nei confronti della star. Apprezzato molto dalla critica estera (potenza dei panorami panteschi, soprattutto), Guadagnino prosegue nel suo apprezzabile percorso stilistico, anche se, a nostro modesto parere, necessiterebbe di storie meno labili, per valorizzare cast dalle potenzialità ancora poco sfruttate.

Beppe Musicco